Bengalese aggredito dal branco in villa comunale, “Ti chiedo scusa” ha detto il vescovo Alfano
Giovane straniero bengalese pestato dal braco sulla Cassa Armonica della villa comunale di Castellammare. Prima c’è la la nota di condanna del sindaco Luigi Vicinanza Vicinanza e poi arriva la lettera di scusa dell’arcivescovo di Sorrento-Castellammare, monsignor Francesco Alfano.
“Quanto accaduto domenica sera in Villa Comunale non ammette scusanti – scrive il sindaco di Castellammare – un atto vile e ingiustificabile da parte di un gruppo che ha agito con la logica del branco. Questo episodio rappresenta una ferita per tutta la nostra comunità e il simbolo di un’aggressività cieca che va condannata con fermezza. Tuttavia non è l’unico aspetto inquietante di questa vicenda. Ciò che turba e amareggia maggiormente è l’indifferenza di coloro che hanno assistito alla violenza senza intervenire o chiedere aiuto. Alcuni ragazzi hanno persino filmato la scena, partecipando indirettamente a quella che considero una manifestazione di disumanità, qualcosa che non può trovare spazio nella nostra Castellammare. Episodi come questo evidenziano la necessità di garantire maggiore sicurezza e controllo”. “Per questo faccio appello alle autorità competenti affinché assicurino una presenza più incisiva delle forze dell’ordine sul nostro territorio – conclude Vicinanza – Non possiamo permettere che la violenza diventi parte della quotidianità”.
Ecco invece la lunga lettera di scusa che il vescovo Francesco Alfano ha voluto rivolgere al giovane bengalese aggredito in Villa Comunale con una lunga lettera.
“Tante volte, passando per il centro antico della nostra bella e drammatica città, vedo altre persone come te ma non so distinguere il paese d’origine: per la mia superficialità o ignoranza sembrate tutti uguali, voi che venite dal lontano Oriente. Ti confesso che spesso mi chiedo come vivete, dove avete trovato alloggio, se avete amici con i quali trascorrere il tempo libero o confidare qualche pena del cuore. Quando però ho avuto la possibilità di parlare con qualche persona della tua terra, o di paesi vicini che continuo purtroppo a confondere, ho scoperto la ricchezza e la profondità di chi è stato costretto a lasciare la sua gente per cercare lavoro in luoghi lontani. Sì, è proprio vero: crediamo di essere così “lontani” che a volte non riusciamo a riconoscere la ricchezza nascosta nella nostra diversità. Lo so che tra di noi ci sono numerosi uomini e donne che ti riconoscono come uno di noi, come un “fratello”. E per questo ti auguro di incontrarne presto qualcuno con cui fare un tratto di strada insieme e non sentirti più solo, additato, estraneo. Se vuoi, puoi bussare anche alla porta di qualcuna delle nostre chiese: stiamo imparando noi cristiani, dal contatto con amici di altre confessioni religiose, a sentirci così come ci insegna il Vangelo tutti figli di un unico Dio e ad amarci concretamente, come un’unica grande famiglia. Per tutti questi motivi e per tanto altro che porto nel cuore e che mi farebbe piacere raccontarti di persona, ora mi devi consentire di chiederti scusa per quello che ti è accaduto. È brutta la violenza, inaccettabile, indegna di essere umani. Fa ancora più dolore l’indifferenza dei passanti, il sarcasmo offensivo e brutale di chi sta a guardare soddisfatto la scena come se stesse al cinema, l’anonimato di una città che continua a far brillare le luci notturne senza fermarsi e arrossire dinanzi a episodi così gravi di inciviltà. Carissimo fratello bengalese, spero di abbracciarti presto per farti sentire il calore e l’affetto di tanti che come e più di me sono pronti a volerti bene e, qualcuno con le lacrime agli occhi, anche a chiederti perdono“.
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